mercoledì 13 giugno 2007

CRONACHE A BASSO COSTO

Nella mia testa ho partorito un piccolo mostro. Da qualche tempo cerco di disfarmene, ma il senso di paternità è troppo forte e me lo impedisce. Ho voluto dargli un nome: lowcostgeneration si chiama. E’ un’anima inquieta, fatta di mille pezzi e uniti fra loro fanno un’idea. L’idea di una generazione inquieta. Una generazione di passaggio, l’ultima di un ciclo.
Appartenenti a questo ciclo sono stati gli ultimi a crescere in un mondo dove si giocava ancora con le biglie e il cellulare lo si vedeva solo nei film americani. Quando Babbo natale non ti portava mai quello che volevi (forse perché non ci si aveva mai creduto per davvero) ma ti veniva rinfacciato sempre di avere tutto. Quest’epoca l’hanno passata in un teatro di eventi. Hanno visto crollare il muro di Berlino e hanno assistito a svariate guerre, sono stati gli ultimi a essere schierati da qualche parte (giusta o sbagliata che fosse), gli ultimi a rincoglionirsi con i spinelli anziché con la televisione. Da adulti sono entrati nel mondo del lavoro con i CoCoCo e i CoCcoDè e si sono resi conto che guadagnavano poco e spendevano ancora di più. Si sono adattati perché avevano le spalle robuste, hanno fatto di difetto virtù perché venivano da un’epoca in cui non esistevano Blockbuster che spuntavano come funghi e per telefonare si utilizzavano ancora i gettoni. E in fondo anche se tutte quelle cose luccicanti ed invitanti facevano loro gola, riescono tuttora a distinguere il superfluo dall’indispensabile e continuano a giocare con le biglie.

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